Regio VII
![Foto](/uploads/1/1/6/9/116934250/t-suburbane_orig.jpg)
Terme Suburbane
Le Terme Suburbane furono costruite alla fine del I secolo a.C. a ridosso della cinta muraria a nord di Porta Marina.
Dopo il terremoto del 62 d.C. furono ristrutturate ed in quella occasione se ne rinnovò anche la decorazione. L’impianto è unico e non appare suddiviso in settori maschile e femminile. L’ingresso è costituito da un lungo corridoio per il quale si accede allo spogliatoio (apodyterium), poi al tepidario (tepidarium), con soffitto a volta, ed infine all’ambiente caldo (calidarium) con piscina. Nello spogliatoio appaiono pitture con un repertorio di posizioni erotiche. Portato alla luce già negli anni cinquanta, il complesso è stato di recente restaurato.
Le Terme Suburbane furono costruite alla fine del I secolo a.C. a ridosso della cinta muraria a nord di Porta Marina.
Dopo il terremoto del 62 d.C. furono ristrutturate ed in quella occasione se ne rinnovò anche la decorazione. L’impianto è unico e non appare suddiviso in settori maschile e femminile. L’ingresso è costituito da un lungo corridoio per il quale si accede allo spogliatoio (apodyterium), poi al tepidario (tepidarium), con soffitto a volta, ed infine all’ambiente caldo (calidarium) con piscina. Nello spogliatoio appaiono pitture con un repertorio di posizioni erotiche. Portato alla luce già negli anni cinquanta, il complesso è stato di recente restaurato.
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Tempio di Apollo
Si tratta di uno dei templi più antichi della città. Alcuni indizi fanno risalire il culto sin dal VI secolo a.C.. La sistemazione attuale avvenne in epoca sannitica, ma vi furono numerosi rifacimenti in età romana imperiale.
Il santuario era circondato su tre lati da un portico con colonne ioniche di tufo, stuccate e trasformate in corinzie dopo il terremoto del 62 d.C.. Il tempio, di tipo italico, si innalza su di un alto podio. La cella, decorata con un mosaico pavimentale a cubi prospettici (scutulatum), conteneva la statua del dio e un omphalos in pietra, simbolo dell’ombelico del mondo venerato nel santuario di Apollo a Delfi. Dinanzi al tempio si ergono un altare di età repubblicana ed una colonna con una meridiana, ovvero un orologio solare. Contrapposte dinanzi al portico, invece, le statue bronzee di Apollo arciere e della sorella Artemide.
Si tratta di uno dei templi più antichi della città. Alcuni indizi fanno risalire il culto sin dal VI secolo a.C.. La sistemazione attuale avvenne in epoca sannitica, ma vi furono numerosi rifacimenti in età romana imperiale.
Il santuario era circondato su tre lati da un portico con colonne ioniche di tufo, stuccate e trasformate in corinzie dopo il terremoto del 62 d.C.. Il tempio, di tipo italico, si innalza su di un alto podio. La cella, decorata con un mosaico pavimentale a cubi prospettici (scutulatum), conteneva la statua del dio e un omphalos in pietra, simbolo dell’ombelico del mondo venerato nel santuario di Apollo a Delfi. Dinanzi al tempio si ergono un altare di età repubblicana ed una colonna con una meridiana, ovvero un orologio solare. Contrapposte dinanzi al portico, invece, le statue bronzee di Apollo arciere e della sorella Artemide.
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Mensa Ponderaria
La Mensa Ponderaria, ovvero la Pesa Pubblica, è posta negli immediati paraggi del mercato di frutta e verdure. Essa contiene una tavola con le misure legali di peso e di capacità.
Fu creata dalla municipalità per impedire gli arbitri dei commercianti. Nel grosso lastrone di calcare vi sono 9 cavità circolari, ciascuna corrispondente ad una misura. Un foro sul fondo consentiva la fuoriuscita della merce pesata. La mensa è anteriore alla fondazione della colonia e, poiché le misure osche non corrispondevano a quelle romane, nel 20 a.C. una commissione conformò le cavità alle nuove unità di misura.
La Mensa Ponderaria, ovvero la Pesa Pubblica, è posta negli immediati paraggi del mercato di frutta e verdure. Essa contiene una tavola con le misure legali di peso e di capacità.
Fu creata dalla municipalità per impedire gli arbitri dei commercianti. Nel grosso lastrone di calcare vi sono 9 cavità circolari, ciascuna corrispondente ad una misura. Un foro sul fondo consentiva la fuoriuscita della merce pesata. La mensa è anteriore alla fondazione della colonia e, poiché le misure osche non corrispondevano a quelle romane, nel 20 a.C. una commissione conformò le cavità alle nuove unità di misura.
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Forum Olitorium
Il portico con otto pilastri in facciata sul lato occidentale del Foro è comunemente noto come i Granai. Si trattava in realtà di un Forum Olitorium, ovvero di un mercato per i cereali ed i legumi.
L’edificio presenta nella facciata otto aperture. I muri interni non hanno traccia di decorazione, segno che non era stato ancora completato nel 79 d.C.. Attualmente è utilizzato come deposito archeologico. Fra i reperti esposti sono da segnalare i vari tipi di anfore, i calchi di defunti, di alberi e di cassoni, le sculture in tufo, come il Rilievo di Issione, il frontone con Dioniso e Arianna dal Santuario di Sant’Abbondio e la raffigurazione di un gladiatore trace.
Il portico con otto pilastri in facciata sul lato occidentale del Foro è comunemente noto come i Granai. Si trattava in realtà di un Forum Olitorium, ovvero di un mercato per i cereali ed i legumi.
L’edificio presenta nella facciata otto aperture. I muri interni non hanno traccia di decorazione, segno che non era stato ancora completato nel 79 d.C.. Attualmente è utilizzato come deposito archeologico. Fra i reperti esposti sono da segnalare i vari tipi di anfore, i calchi di defunti, di alberi e di cassoni, le sculture in tufo, come il Rilievo di Issione, il frontone con Dioniso e Arianna dal Santuario di Sant’Abbondio e la raffigurazione di un gladiatore trace.
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Tempio di Giove Capitolium
Il Capitolium o Tempio di Giove si erge in mezzo al lato settentrionale del Foro, sullo sfondo del Vesuvio. Era il maggior tempio della colonia. Consacrato alla Triade Capitolina, composta da Giove, Giunone e Minerva, l’edificio sorge su di un alto podio munito di ripostigli dove era forse custodito il tesoro della città. La facciata era rivestita di stucco bianco, ad imitazione del marmo. Ai lati del tempio una scenografia monumentale ad archi chiudeva la piazza del Foro.
Il Capitolium o Tempio di Giove si erge in mezzo al lato settentrionale del Foro, sullo sfondo del Vesuvio. Era il maggior tempio della colonia. Consacrato alla Triade Capitolina, composta da Giove, Giunone e Minerva, l’edificio sorge su di un alto podio munito di ripostigli dove era forse custodito il tesoro della città. La facciata era rivestita di stucco bianco, ad imitazione del marmo. Ai lati del tempio una scenografia monumentale ad archi chiudeva la piazza del Foro.
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Macellum
Il Macellum era il grande mercato alimentare. Fu costruito agli inizi del I secolo d.C.. La denominazione deriva dalla parola semitica makello, che significa “macellare la carne”. L’edificio era preceduto da un sontuoso portico, adorno di statue. Il grande cortile all’interno era scoperto e tutto intorno vi si allineavano le botteghe; al centro si ergeva un edificio circolare (thólos). Sul muro di fondo del piazzale erano esposte, in un’edicola, la statua dell’imperatore e quelle di personaggi della famiglia imperiale, oggi tutte al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Il Macellum era il grande mercato alimentare. Fu costruito agli inizi del I secolo d.C.. La denominazione deriva dalla parola semitica makello, che significa “macellare la carne”. L’edificio era preceduto da un sontuoso portico, adorno di statue. Il grande cortile all’interno era scoperto e tutto intorno vi si allineavano le botteghe; al centro si ergeva un edificio circolare (thólos). Sul muro di fondo del piazzale erano esposte, in un’edicola, la statua dell’imperatore e quelle di personaggi della famiglia imperiale, oggi tutte al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
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Sacello Larum pubblicorum
Il Sacello Larum pubblicorum serviva al culto delle divinità tutelari della città. Lo spazioso edificio, oggi completamente spoglio, doveva essere completamente rivestito di marmi e adorno di statue. La vicinanza al Tempio di Vespasiano consentiva, durante le festività, di celebrare contemporaneamente sia gli dei protettori sia l’imperatore come benefattori della città.
Il Sacello Larum pubblicorum serviva al culto delle divinità tutelari della città. Lo spazioso edificio, oggi completamente spoglio, doveva essere completamente rivestito di marmi e adorno di statue. La vicinanza al Tempio di Vespasiano consentiva, durante le festività, di celebrare contemporaneamente sia gli dei protettori sia l’imperatore come benefattori della città.
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Tempio di Vespasiano
L’edificio fu costruito dopo il terremoto del 62 d.C. ed era destinato al culto imperiale.
Nella cella di fondo, su un alto podio, era posta la statua dell’imperatore. Nella piazza, sotto i portici si adunava la folla. Al centro, presenta un altare di marmo per i sacrifici con la rappresentazione di un sacerdote che si accinge a sacrificare un toro durante l’inaugurazione dell’edificio. Sulle altre facciate sono scolpite in rilievo la corona civica e alcuni strumenti liturgici (la brocca, la mappa, la patera ed il lituo).
L’edificio fu costruito dopo il terremoto del 62 d.C. ed era destinato al culto imperiale.
Nella cella di fondo, su un alto podio, era posta la statua dell’imperatore. Nella piazza, sotto i portici si adunava la folla. Al centro, presenta un altare di marmo per i sacrifici con la rappresentazione di un sacerdote che si accinge a sacrificare un toro durante l’inaugurazione dell’edificio. Sulle altre facciate sono scolpite in rilievo la corona civica e alcuni strumenti liturgici (la brocca, la mappa, la patera ed il lituo).
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Edificio di Eumachia
L’Edificio di Eumachia fungeva da mercato per le stoffe. Sulla facciata erano esposte le statue di Enea, Romolo, Cesare e Augusto. Il vestibolo appariva come una galleria di statue onorarie, il portale d’ingresso è decorato con una cornice in marmo con tralci di acanto popolati da uccelli, insetti, ed animaletti vari. A destra dell’ingresso, in un piccolo ambiente, un orcio era usato per la raccolta dell’urina, utilizzata per sbiancare le stoffe.
Le stoffe venivano vendute su bancarelle allineate ai margini della piazza centrale, mentre il corridoio posteriore fungeva da deposito. Nell’abside di fondo era posta una statua della Concordia Augusta. L’edificio fu fatto costruire poco dopo il 22 d.C. da Eumachia, sacerdotessa di Venere, che ereditò alla morte del marito la gestione di un’industria per la lana. La corporazione dei fullones la elesse a protettrice della categoria e le dedicò una statua.
L’Edificio di Eumachia fungeva da mercato per le stoffe. Sulla facciata erano esposte le statue di Enea, Romolo, Cesare e Augusto. Il vestibolo appariva come una galleria di statue onorarie, il portale d’ingresso è decorato con una cornice in marmo con tralci di acanto popolati da uccelli, insetti, ed animaletti vari. A destra dell’ingresso, in un piccolo ambiente, un orcio era usato per la raccolta dell’urina, utilizzata per sbiancare le stoffe.
Le stoffe venivano vendute su bancarelle allineate ai margini della piazza centrale, mentre il corridoio posteriore fungeva da deposito. Nell’abside di fondo era posta una statua della Concordia Augusta. L’edificio fu fatto costruire poco dopo il 22 d.C. da Eumachia, sacerdotessa di Venere, che ereditò alla morte del marito la gestione di un’industria per la lana. La corporazione dei fullones la elesse a protettrice della categoria e le dedicò una statua.
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Terme stabiane
Le Terme Stabiane sono le più antiche di Pompei. La denominazione deriva dalla loro disposizione all’incrocio della Via dell’Abbondanza con la Via Stabiana. Furono costruite nel II secolo a.C., ampliate con l’insediamento della colonia romana, ristrutturate in età imperiale e restaurate in seguito al terremoto del 62 d.C.. Al momento dell’eruzione i lavori di restauro erano ancora in corso e quindi l’edificio non era agibile. Dall’ingresso principale si accedeva direttamente alla palestra, circondata da un portico colonnato; qui è presente una piscina scoperta (natatio) e un vasto ambiente adibito a spogliatoio e sala per detergersi (destrictarium).
L’impianto è suddiviso in sezione maschile e sezione femminile, con la tipica successione di frigidarium, tepidarium, e calidarium. Lo stato di rovina, dovuto al terremoto del 62 d.C., consente di comprendere bene come il calore circolasse nell’intercapedine delle pareti (concameratio), realizzata con distanziatori (tegulæ mammatæ e tubuli), mentre quella del pavimento era rialzata da quest’ultimo su pilastrini (suspensuræ).
Le Terme Stabiane sono le più antiche di Pompei. La denominazione deriva dalla loro disposizione all’incrocio della Via dell’Abbondanza con la Via Stabiana. Furono costruite nel II secolo a.C., ampliate con l’insediamento della colonia romana, ristrutturate in età imperiale e restaurate in seguito al terremoto del 62 d.C.. Al momento dell’eruzione i lavori di restauro erano ancora in corso e quindi l’edificio non era agibile. Dall’ingresso principale si accedeva direttamente alla palestra, circondata da un portico colonnato; qui è presente una piscina scoperta (natatio) e un vasto ambiente adibito a spogliatoio e sala per detergersi (destrictarium).
L’impianto è suddiviso in sezione maschile e sezione femminile, con la tipica successione di frigidarium, tepidarium, e calidarium. Lo stato di rovina, dovuto al terremoto del 62 d.C., consente di comprendere bene come il calore circolasse nell’intercapedine delle pareti (concameratio), realizzata con distanziatori (tegulæ mammatæ e tubuli), mentre quella del pavimento era rialzata da quest’ultimo su pilastrini (suspensuræ).
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Casa di Sirico
E’ costituita da due abitazioni comunicanti, che dimostrano la notevole agiatezza dei proprietari, Sirico e Nummiano, forse fratelli o soci della stessa azienda commerciale. Sul pavimento del salone d’ingresso è stata trovata un’iscrizione che inneggiava al guadagno (Salve lucru). L’atrio è di tipo tuscanico, con impluvio marmoreo, fontana e mensa; l’oecus presenta quadretti raffiguranti Oreste e Pilade, Marte e Venere, Diana e Endimione.
E’ costituita da due abitazioni comunicanti, che dimostrano la notevole agiatezza dei proprietari, Sirico e Nummiano, forse fratelli o soci della stessa azienda commerciale. Sul pavimento del salone d’ingresso è stata trovata un’iscrizione che inneggiava al guadagno (Salve lucru). L’atrio è di tipo tuscanico, con impluvio marmoreo, fontana e mensa; l’oecus presenta quadretti raffiguranti Oreste e Pilade, Marte e Venere, Diana e Endimione.
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Lupanare
Il Lupanare (il cui nome deriva da “lupa”, che in latino vuol dire prostituta) di Pompei è un piccolo edificio a due piani: presenta cinque piccoli ambienti al piano terra, in pratica cinque celle con letti in pietra e piccole finestre, in cui avvenivano gli incontri, cinque ambienti un po’ più spaziosi al piano superiore, collegati da un balcone pensile, e due latrine, una per piano. All’esterno, due porte in legno proteggevano da sguardi indiscreti.
Le pareti del piano inferiore sono ornate da una alcuni affreschi, raffiguranti diverse posizioni erotiche (le diverse “prestazioni” che si potevano chiedere, ognuna col suo prezzo), e da una serie di graffiti: tra questi ultimi, circa duecento, sono stati identificati ottanta nomi di prostitute e di clienti. Le camere del piano superiore non presentano né affreschi erotici né graffiti; forse la destinazione d’uso era differente.
Si tratta dell’unico Lupanare di Pompei, sebbene occorre tenere presente che sono stati finora recuperati soltanto due terzi dell’antica città. Questo non vuol dire che fosse l’unico luogo in cui si esercitava il commercio sessuale. Era però l’unico luogo in cui si praticava la prostituzione come viene definita dal diritto romano: in maniera “notoria e indiscriminata”, cioè senza possibilità di scegliersi i clienti. Nella stessa Pompei erano infatti in uso altre forme di quella che oggi viene definita prostituzione, ma che secondo il diritto romano non lo era: per il personale, maschile e femminile, delle terme e delle osterie era pratica comune avere commercio sessuale con i clienti. Ma per la legge questa non era prostituzione, in quanto non era, insieme, “notoria e indiscriminata”.
Il Lupanare (il cui nome deriva da “lupa”, che in latino vuol dire prostituta) di Pompei è un piccolo edificio a due piani: presenta cinque piccoli ambienti al piano terra, in pratica cinque celle con letti in pietra e piccole finestre, in cui avvenivano gli incontri, cinque ambienti un po’ più spaziosi al piano superiore, collegati da un balcone pensile, e due latrine, una per piano. All’esterno, due porte in legno proteggevano da sguardi indiscreti.
Le pareti del piano inferiore sono ornate da una alcuni affreschi, raffiguranti diverse posizioni erotiche (le diverse “prestazioni” che si potevano chiedere, ognuna col suo prezzo), e da una serie di graffiti: tra questi ultimi, circa duecento, sono stati identificati ottanta nomi di prostitute e di clienti. Le camere del piano superiore non presentano né affreschi erotici né graffiti; forse la destinazione d’uso era differente.
Si tratta dell’unico Lupanare di Pompei, sebbene occorre tenere presente che sono stati finora recuperati soltanto due terzi dell’antica città. Questo non vuol dire che fosse l’unico luogo in cui si esercitava il commercio sessuale. Era però l’unico luogo in cui si praticava la prostituzione come viene definita dal diritto romano: in maniera “notoria e indiscriminata”, cioè senza possibilità di scegliersi i clienti. Nella stessa Pompei erano infatti in uso altre forme di quella che oggi viene definita prostituzione, ma che secondo il diritto romano non lo era: per il personale, maschile e femminile, delle terme e delle osterie era pratica comune avere commercio sessuale con i clienti. Ma per la legge questa non era prostituzione, in quanto non era, insieme, “notoria e indiscriminata”.
![Foto](/uploads/1/1/6/9/116934250/pistrinum_orig.jpg)
Pistrinum di Modesto
I mulini sono composti da due macine di pietra vulcanica e una base di roccia per sostenerle. La pietra in basso (meta) è conica, mentre quella superiore (catillus) è vuota e di forma biconica.
In cima a quest’ultima sorgeva l’asse di rotazione, il quale, costretto da un’armatura di assi e azionata da due timoni sporgenti, frantumava il grano, versato lentamente dal di sopra. La farina si raccoglieva intorno alla pietra circolare alla base, su un’apposita lamina di piombo con i bordi rialzati. La mola era azionata a mano dagli schiavi o con l’aiuto di muli. La presenza di forni e botteghe per la vendita mostra come l’industria del pane fosse una delle attività fiorenti dell’epoca.
I mulini sono composti da due macine di pietra vulcanica e una base di roccia per sostenerle. La pietra in basso (meta) è conica, mentre quella superiore (catillus) è vuota e di forma biconica.
In cima a quest’ultima sorgeva l’asse di rotazione, il quale, costretto da un’armatura di assi e azionata da due timoni sporgenti, frantumava il grano, versato lentamente dal di sopra. La farina si raccoglieva intorno alla pietra circolare alla base, su un’apposita lamina di piombo con i bordi rialzati. La mola era azionata a mano dagli schiavi o con l’aiuto di muli. La presenza di forni e botteghe per la vendita mostra come l’industria del pane fosse una delle attività fiorenti dell’epoca.
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Tempio della Fortuna Augusta
L’edificio risale al I secolo d.C. e fu gravemente danneggiato dal terremoto del 62. La gradinata, interrotta in basso da un altare, era recintata con una cancellata.
La cella, preceduta da un ampio pronao con colonne corinzie di marmo, mostra sul fondo un’edicola con quattro nicchie per statue, fra le quali quella di Augusto, e l’iscrizione con la dedica del fondatore, Marco Tullio. Il tempio fu dedicato ad Augusto, proclamato pater patriæ nell'anno 3 d.C.. Come ci attestano alcune iscrizioni, i sacerdoti del tempio formavano il Collegio dei Ministri Fortunæ Augusti ed avevano l’obbligo di porre ogni anno una piccola statua nel sacello. Sul quadrivio a nord del tempio, all’inizio della Via di Mercurio, si ergeva un arco onorario sormontato da una statua di bronzo, della quale si sono rinvenuti solo molti frammenti.
L’edificio risale al I secolo d.C. e fu gravemente danneggiato dal terremoto del 62. La gradinata, interrotta in basso da un altare, era recintata con una cancellata.
La cella, preceduta da un ampio pronao con colonne corinzie di marmo, mostra sul fondo un’edicola con quattro nicchie per statue, fra le quali quella di Augusto, e l’iscrizione con la dedica del fondatore, Marco Tullio. Il tempio fu dedicato ad Augusto, proclamato pater patriæ nell'anno 3 d.C.. Come ci attestano alcune iscrizioni, i sacerdoti del tempio formavano il Collegio dei Ministri Fortunæ Augusti ed avevano l’obbligo di porre ogni anno una piccola statua nel sacello. Sul quadrivio a nord del tempio, all’inizio della Via di Mercurio, si ergeva un arco onorario sormontato da una statua di bronzo, della quale si sono rinvenuti solo molti frammenti.
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Terme del Foro
Sono le uniche ad essere state rimesse in funzione dopo il terremoto del 62 d.C. Sono fornite di un impianto di riscaldamento (præfurnium) e due sezioni, maschile e femminile. La distribuzione dell’aria calda avveniva attraverso un’intercapedine nella parete e un duplice pavimento su pilastrini (suspensuræ).
La sezione maschile era munita di spogliatoio (apodyterium). Da qui si passava all’ambiente per il bagno freddo (frigidarium), poi ad un ambiente tiepido (tepidarium) ed infine all’ambiente caldo (caldarium). Il tepidario presenta delle nicchie sorrette da Telamoni ed un braciere in bronzo, dono di M. Nigidio Vaccula. Il caldario è munito di una vasca per il bagno caldo e di un bacino in marmo per le abluzioni di acqua fresca; un’iscrizione a lettere di bronzo riferisce che fu fatto collocare a pubbliche spese dai duoviri e costò 5.250 sesterzi.
Sono le uniche ad essere state rimesse in funzione dopo il terremoto del 62 d.C. Sono fornite di un impianto di riscaldamento (præfurnium) e due sezioni, maschile e femminile. La distribuzione dell’aria calda avveniva attraverso un’intercapedine nella parete e un duplice pavimento su pilastrini (suspensuræ).
La sezione maschile era munita di spogliatoio (apodyterium). Da qui si passava all’ambiente per il bagno freddo (frigidarium), poi ad un ambiente tiepido (tepidarium) ed infine all’ambiente caldo (caldarium). Il tepidario presenta delle nicchie sorrette da Telamoni ed un braciere in bronzo, dono di M. Nigidio Vaccula. Il caldario è munito di una vasca per il bagno caldo e di un bacino in marmo per le abluzioni di acqua fresca; un’iscrizione a lettere di bronzo riferisce che fu fatto collocare a pubbliche spese dai duoviri e costò 5.250 sesterzi.
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Via delle Terme
Vi si trovano le Terme del Foro, risalenti all’80 a.C., molto ben conservate, la Casa del Poeta Tragico, con il famoso mosaico del cane da guardia con l’iscrizione “Cave canem”, la Casa di Pansa, di costruzione sannitica, una delle più grandi della città, con un giardino che copre l’intera insula.
Vi si trovano le Terme del Foro, risalenti all’80 a.C., molto ben conservate, la Casa del Poeta Tragico, con il famoso mosaico del cane da guardia con l’iscrizione “Cave canem”, la Casa di Pansa, di costruzione sannitica, una delle più grandi della città, con un giardino che copre l’intera insula.
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Via della Fortuna
All’angolo con la Via del Foro si trova il Tempio della Fortuna Augusta, eretto da Marco Tullio nell’anno 3 a.C. in onore dell’imperatore Augusto. Più avanti si trova la Casa del Fauno, una delle abitazioni più vaste e nobili di Pompei, eretta nel II sec. a.C., ma ricca di elementi italici ed ellenistici. Dai suoi ambienti proviene una gran parte dei bellissimi mosaici ora esposti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
All’angolo con la Via del Foro si trova il Tempio della Fortuna Augusta, eretto da Marco Tullio nell’anno 3 a.C. in onore dell’imperatore Augusto. Più avanti si trova la Casa del Fauno, una delle abitazioni più vaste e nobili di Pompei, eretta nel II sec. a.C., ma ricca di elementi italici ed ellenistici. Dai suoi ambienti proviene una gran parte dei bellissimi mosaici ora esposti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
![Foto](/uploads/1/1/6/9/116934250/v-lupanare_orig.jpg)
Vicolo del Lupanare
Situato sulla sinistra delle Terme Stabiane, sul vicolo si affaccia la Casa di Sirico, agiata abitazione di due fratelli o soci, che mostra un saluto al denaro (Salve lucru) sul pavimento dell’ingresso. Più avanti vi si trova anche il Lupanare, a due piani: come rivelano la disposizione delle stanze e le pitture e i graffiti erotici, si trattava di un bordello.
Situato sulla sinistra delle Terme Stabiane, sul vicolo si affaccia la Casa di Sirico, agiata abitazione di due fratelli o soci, che mostra un saluto al denaro (Salve lucru) sul pavimento dell’ingresso. Più avanti vi si trova anche il Lupanare, a due piani: come rivelano la disposizione delle stanze e le pitture e i graffiti erotici, si trattava di un bordello.