Il lupanare torna al suo antico splendore
![Foto](/uploads/1/1/6/9/116934250/erotismo2_orig.jpg)
Il Lupanare di Pompei venne scoperto nel 1862 e fu subito oggetto di un importante restauro; un secondo intervento risale al1949, per mettere riparo ai danni della Seconda Guerra Mondiale. Nel 2000, però, le infiltrazioni provocate dalle intemperie, i problemi strutturali causati dalla massiccia affluenza di pubblico, i danni agli affreschi, fanno apparire gravi le condizioni dell’intero edificio. All’inizio del 2001 venne varato un progetto che ne prevedeva il restauro e che si è concluso ormai da qualche anno.
Il progetto ha interessato sia la struttura esterna che quella interna con i vari affreschi e, ovviamente, non ha modificato l’aspetto complessivo dell’edificio, ma ha solo posto riparo alle offese del tempo. Le parti degradate sono state sostituite utilizzando di volta in volta i materiali già in opera e impiegando tecniche artigianali del tutto simili a quelle dell’epoca romana.
Si è cercato di fare il minimo indispensabile per mantenere il monumento nel suo stato originario (o, per meglio dire, nello stato in cui è giunto a noi dopo tanti anni), in modo da tramandarlo così com’è alle future generazioni. Gli affreschi all’interno sono stati tutti esaminati in laboratorio, poi restaurati e consolidati, perché uno dei problemi delle pitture è il distacco dalle pareti per l’umidità.
Le lastre protettive all’interno dell’edificio sono state applicate per evitarne l’usura causata dalla quantità di visitatori che involontariamente graffiano con borse e zaini le pareti; queste lastre non sono state applicate a diretto contatto con la pittura perché questa deve traspirare altrimenti se ne compromette la conservazione.
Il progetto ha interessato sia la struttura esterna che quella interna con i vari affreschi e, ovviamente, non ha modificato l’aspetto complessivo dell’edificio, ma ha solo posto riparo alle offese del tempo. Le parti degradate sono state sostituite utilizzando di volta in volta i materiali già in opera e impiegando tecniche artigianali del tutto simili a quelle dell’epoca romana.
Si è cercato di fare il minimo indispensabile per mantenere il monumento nel suo stato originario (o, per meglio dire, nello stato in cui è giunto a noi dopo tanti anni), in modo da tramandarlo così com’è alle future generazioni. Gli affreschi all’interno sono stati tutti esaminati in laboratorio, poi restaurati e consolidati, perché uno dei problemi delle pitture è il distacco dalle pareti per l’umidità.
Le lastre protettive all’interno dell’edificio sono state applicate per evitarne l’usura causata dalla quantità di visitatori che involontariamente graffiano con borse e zaini le pareti; queste lastre non sono state applicate a diretto contatto con la pittura perché questa deve traspirare altrimenti se ne compromette la conservazione.
![Foto](/uploads/1/1/6/9/116934250/lupanare_orig.jpg)
All’interno del Lupanare di Pompei, inoltre, è stato installato un sistema con sensori a raggi infrarossi per il rilevamento delle persone. Le apparecchiature prevedono due livelli di monitoraggio: quello delle superfici affrescate e quello per l’afflusso di visitatori.
Il primo consente di eseguire una serie di indagini utili alla valutazione dello stato di degrado degli affreschi e delle cause che lo determinano, attraverso sensori che rilevano temperatura ed umidità dell’ambiente, delle pareti e delle superfici affrescate, oltre alla percentuale di anidride carbonica all’interno dell’ambiente.
I sensori inviano continuamente via radio i dati ad una centralina che, una volta impostato un campo di valori da rispettare, fa scattare un segnale di allarme ogni volta che questi vengono superati.
Il secondo sistema, quello del monitoraggio dell’afflusso dei visitatori, è invece composto da due cellule ad infrarossi posizionate all’ingresso e all’uscita dell’ambiente, che emettono un segnale di allarme se viene superato il numero massimo prestabilito di nove visitatori per volta.
Il primo consente di eseguire una serie di indagini utili alla valutazione dello stato di degrado degli affreschi e delle cause che lo determinano, attraverso sensori che rilevano temperatura ed umidità dell’ambiente, delle pareti e delle superfici affrescate, oltre alla percentuale di anidride carbonica all’interno dell’ambiente.
I sensori inviano continuamente via radio i dati ad una centralina che, una volta impostato un campo di valori da rispettare, fa scattare un segnale di allarme ogni volta che questi vengono superati.
Il secondo sistema, quello del monitoraggio dell’afflusso dei visitatori, è invece composto da due cellule ad infrarossi posizionate all’ingresso e all’uscita dell’ambiente, che emettono un segnale di allarme se viene superato il numero massimo prestabilito di nove visitatori per volta.