Regio II
![Foto](/uploads/1/1/6/9/116934250/loreius_orig.jpg)
Casa di Loreius Tiburtinus
La casa, con l’ingresso su Via dell’Abbondanza, viene attribuita a Loreius Tiburtinus o a Decimo Ottavio Quartione, del quale si è rinvenuto il sigillo.
Un elegante ambiente sul giardino è decorato con fregi che illustrano le spedizioni contro Troia: nel fregio più grande è raffigurata la spedizione mitica di Eracle contro Laomedonte; nel fregio piccolo quella storica dei Greci contro Priamo. Il proprietario si fece ritrarre su di una parete della casa come un sacerdote di Iside ovvero calvo e con una lunga tunica di lino (linigerus calvus). Inoltre fece costruire nel giardino una lunga piscina (50 m.) a forma di fiume (eurípus), decorandola con statue egizie (ibis, bes, sfinge, leoni). Si è supposto che gli iniziati ai misteri isiaci si riunissero per assistere ad inondazioni artificiali del giardino che simulavano quelle sacre e fertili del Nilo.
La casa, con l’ingresso su Via dell’Abbondanza, viene attribuita a Loreius Tiburtinus o a Decimo Ottavio Quartione, del quale si è rinvenuto il sigillo.
Un elegante ambiente sul giardino è decorato con fregi che illustrano le spedizioni contro Troia: nel fregio più grande è raffigurata la spedizione mitica di Eracle contro Laomedonte; nel fregio piccolo quella storica dei Greci contro Priamo. Il proprietario si fece ritrarre su di una parete della casa come un sacerdote di Iside ovvero calvo e con una lunga tunica di lino (linigerus calvus). Inoltre fece costruire nel giardino una lunga piscina (50 m.) a forma di fiume (eurípus), decorandola con statue egizie (ibis, bes, sfinge, leoni). Si è supposto che gli iniziati ai misteri isiaci si riunissero per assistere ad inondazioni artificiali del giardino che simulavano quelle sacre e fertili del Nilo.
![Foto](/uploads/1/1/6/9/116934250/venere_orig.jpg)
Casa di Venere in Conchiglia
La casa si sviluppa essenzialmente intorno al giardino. Sulla parete di fondo è dipinta la nascita di Venere da una conchiglia in compagnia di amorini.
La capigliatura della dea è quella alla moda in età neroniana. Sono inoltre dipinti la statua di Marte e dei bacini marmorei con colombe. L’edificio era ancora in corso di restauro per i danni subiti dal terremoto, come dimostra un ambiente intonacato ma non ancora dipinto.
La casa si sviluppa essenzialmente intorno al giardino. Sulla parete di fondo è dipinta la nascita di Venere da una conchiglia in compagnia di amorini.
La capigliatura della dea è quella alla moda in età neroniana. Sono inoltre dipinti la statua di Marte e dei bacini marmorei con colombe. L’edificio era ancora in corso di restauro per i danni subiti dal terremoto, come dimostra un ambiente intonacato ma non ancora dipinto.
![Foto](/uploads/1/1/6/9/116934250/giulia_orig.jpg)
Villa e Terme di Giulia Felice
La dimora fu scavata nel secolo XVIII e riportata alla luce negli anni 1952 – 1953. E’ munita di un vasto ed elegante giardino con portico retto da pilastri di marmo.
Al centro si apriva il triclinium estivo con letti di marmo ed una fontana a cascata. Per un secondo ingresso si accedeva al bagno (balneum) che, come si apprende da un annuncio alla porta, era dato in affitto assieme ad una parte dell’abitazione: “Da Giulia Felice, figlia di Spurio, si fittano a gente perbene un bagno elegante, degno di Venere, botteghe con abitazioni soprastanti ed ammezzati dal primo agosto prossimo. Alla fine del quinquennio la locazione scadrà”.
Evidentemente Giulia, di nobile e ricca famiglia, non esitò a subaffittare parte della casa per rifarsi delle spese compiute per i restauri dell’edificio dopo il terremoto del 62 d.C. Un dipinto con Apollo e le Muse è esposto oggi al Louvre, mentre gli altri dipinti sono al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
La dimora fu scavata nel secolo XVIII e riportata alla luce negli anni 1952 – 1953. E’ munita di un vasto ed elegante giardino con portico retto da pilastri di marmo.
Al centro si apriva il triclinium estivo con letti di marmo ed una fontana a cascata. Per un secondo ingresso si accedeva al bagno (balneum) che, come si apprende da un annuncio alla porta, era dato in affitto assieme ad una parte dell’abitazione: “Da Giulia Felice, figlia di Spurio, si fittano a gente perbene un bagno elegante, degno di Venere, botteghe con abitazioni soprastanti ed ammezzati dal primo agosto prossimo. Alla fine del quinquennio la locazione scadrà”.
Evidentemente Giulia, di nobile e ricca famiglia, non esitò a subaffittare parte della casa per rifarsi delle spese compiute per i restauri dell’edificio dopo il terremoto del 62 d.C. Un dipinto con Apollo e le Muse è esposto oggi al Louvre, mentre gli altri dipinti sono al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
![Foto](/uploads/1/1/6/9/116934250/published/anfiteatro1.jpg?1516461865)
Anfiteatro
L’anfiteatro di Pompei è il più antico di quelli che conosciamo nel mondo romano. Venne costruito dopo la fondazione della colonia (80 a.C.) per iniziativa dei duoviri Caio Quinzio Valgo e Marco Porcio, gli stessi che fecero costruire l’Odéion. Dopo il terremoto fu restaurato su commissione dei duoviri Caio e Cuspio Pansa, padre e figlio. L’edificio fu eretto in un’area periferica per evitare l’intasamento del traffico cittadino in occasione degli spettacoli.
Le grandi scale all’esterno servivano di accesso alla cavea con i sedili per gli spettatori. Poteva accogliere fino a 20.000 spettatori. Si conserva ancora gran parte della gradinata e della galleria superiore, riservata alle donne. Il livello dell’arena è inferiore a quello dell’area esterna, segno che, come il Colosseo, l’edificio fu in parte edificato in alzato e in parte incassato nel terreno.
Nell’arena si svolgevano le lotte dei gladiatori. Una solenne sfilata apriva i giochi; i lottatori indossavano pesanti armature da parata decorate, con elmi, daghe, scudi e gambali. Nel 59 d.C. il tifo degli spettatori sfociò in una sanguinosa rissa fra Pompeiani e Nucerini e l’avvenimento fu riportato in un famoso dipinto pompeiano. A seguito dei disordini il Senato di Roma decretò la chiusura dell’arena di Pompei per dieci anni, ma il provvedimento venne ritirato nel 62 d.C., a seguito del terremoto che colpì la città. La maggioranza delle armi gladiatorie, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, fu rinvenuta invece nel foyer dei teatri, adibito negli ultimi anni di vita della città a Caserma dei Gladiatori.
L’anfiteatro di Pompei è il più antico di quelli che conosciamo nel mondo romano. Venne costruito dopo la fondazione della colonia (80 a.C.) per iniziativa dei duoviri Caio Quinzio Valgo e Marco Porcio, gli stessi che fecero costruire l’Odéion. Dopo il terremoto fu restaurato su commissione dei duoviri Caio e Cuspio Pansa, padre e figlio. L’edificio fu eretto in un’area periferica per evitare l’intasamento del traffico cittadino in occasione degli spettacoli.
Le grandi scale all’esterno servivano di accesso alla cavea con i sedili per gli spettatori. Poteva accogliere fino a 20.000 spettatori. Si conserva ancora gran parte della gradinata e della galleria superiore, riservata alle donne. Il livello dell’arena è inferiore a quello dell’area esterna, segno che, come il Colosseo, l’edificio fu in parte edificato in alzato e in parte incassato nel terreno.
Nell’arena si svolgevano le lotte dei gladiatori. Una solenne sfilata apriva i giochi; i lottatori indossavano pesanti armature da parata decorate, con elmi, daghe, scudi e gambali. Nel 59 d.C. il tifo degli spettatori sfociò in una sanguinosa rissa fra Pompeiani e Nucerini e l’avvenimento fu riportato in un famoso dipinto pompeiano. A seguito dei disordini il Senato di Roma decretò la chiusura dell’arena di Pompei per dieci anni, ma il provvedimento venne ritirato nel 62 d.C., a seguito del terremoto che colpì la città. La maggioranza delle armi gladiatorie, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, fu rinvenuta invece nel foyer dei teatri, adibito negli ultimi anni di vita della città a Caserma dei Gladiatori.
![Foto](/uploads/1/1/6/9/116934250/p-grande_orig.jpg)
Palestra Grande
E’ detta Palestra Grande per distinguerla da quella Sannitica. E’ costituita da un piazzale quadrato scoperto, di circa m.140 x 140, circondato da portici. Qui erano piantati dei filari di platani dei quali restano i calchi.
Al centro è posta una piscina di m. 23 x 35 (natatio). Il muro esterno era coronato da merli. Fu costruita presso l’Anfiteatro in età augustea sia per le esercitazioni dei gladiatori sia come luogo di riunione per le associazioni di giovani (Juventus Pompeiana), per educarle all’ideologia imperiale. Vi si compivano parate a piedi e a cavallo, simulazioni di battaglie, duelli, il lancio del disco ed il salto con i pesi. Durante il terremoto del 62 d.C. crollò l’intero muro del lato nord. Fu scavata negli anni 1936 e 1951.
E’ detta Palestra Grande per distinguerla da quella Sannitica. E’ costituita da un piazzale quadrato scoperto, di circa m.140 x 140, circondato da portici. Qui erano piantati dei filari di platani dei quali restano i calchi.
Al centro è posta una piscina di m. 23 x 35 (natatio). Il muro esterno era coronato da merli. Fu costruita presso l’Anfiteatro in età augustea sia per le esercitazioni dei gladiatori sia come luogo di riunione per le associazioni di giovani (Juventus Pompeiana), per educarle all’ideologia imperiale. Vi si compivano parate a piedi e a cavallo, simulazioni di battaglie, duelli, il lancio del disco ed il salto con i pesi. Durante il terremoto del 62 d.C. crollò l’intero muro del lato nord. Fu scavata negli anni 1936 e 1951.
![Foto](/uploads/1/1/6/9/116934250/n-nocera_orig.jpg)
Necropoli di Porta Nocera
Pompei aveva le sue necropoli fuori le porte della città.
Quella di Porta Nocera, che si sviluppa lungo la strada che corre parallelamente alle mura, è stata portata alla luce per circa m. 250. A cento passi dalla porta è infisso il cippo di Suedio Clemente, prefetto imperiale, che dopo il terremoto espropriò ai privati le costruzioni abusive edificate sui suoli demaniali. Le tombe mostrano varietà di tipi: a basamento con sovrastante altare, a camera sepolcrale con nicchie, a mausoleo con uno o più ordini, a edicole su podio ed infine a sedile semicircolare (schola). Il rito funerario era quello della incinerazione.
Pompei aveva le sue necropoli fuori le porte della città.
Quella di Porta Nocera, che si sviluppa lungo la strada che corre parallelamente alle mura, è stata portata alla luce per circa m. 250. A cento passi dalla porta è infisso il cippo di Suedio Clemente, prefetto imperiale, che dopo il terremoto espropriò ai privati le costruzioni abusive edificate sui suoli demaniali. Le tombe mostrano varietà di tipi: a basamento con sovrastante altare, a camera sepolcrale con nicchie, a mausoleo con uno o più ordini, a edicole su podio ed infine a sedile semicircolare (schola). Il rito funerario era quello della incinerazione.