Il commercio
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La vita commerciale a Pompei era molto attiva: lo testimonia la presenza di numerose botteghe, taverne, officine ed osterie, che fanno supporre una produzione, oltre che sufficiente al fabbisogno della città, destinata anche all’esportazione.
Uno dei prodotti maggiormente destinati all’esportazione era il garum, una salsa di origine orientale, che veniva ricavata lasciando fermentare al sole gli intestini di alcuni pesci (sgombro, tonno, murena), che si trasformavano in una sorta di crema, che veniva successivamente setacciata con l’ausilio di canestri di vimini. Una volta confezionata, veniva posta all’interno di giare e venduta.
Dato l’elevato numero di panifici presenti a Pompei, si presuppone che anche il pane fosse un prodotto esportato nei paesi vicini. Nei mulini erano presenti diverse mole, manovrate da buoi o da schiavi, che macinavano il grano per ottenere la farina, che veniva impastata e manipolata fino ad ottenere le forme volute (di solito delle ciambelle), cotte nei forni a legna ed esposte sui banchi di vendita.
Uno dei prodotti maggiormente destinati all’esportazione era il garum, una salsa di origine orientale, che veniva ricavata lasciando fermentare al sole gli intestini di alcuni pesci (sgombro, tonno, murena), che si trasformavano in una sorta di crema, che veniva successivamente setacciata con l’ausilio di canestri di vimini. Una volta confezionata, veniva posta all’interno di giare e venduta.
Dato l’elevato numero di panifici presenti a Pompei, si presuppone che anche il pane fosse un prodotto esportato nei paesi vicini. Nei mulini erano presenti diverse mole, manovrate da buoi o da schiavi, che macinavano il grano per ottenere la farina, che veniva impastata e manipolata fino ad ottenere le forme volute (di solito delle ciambelle), cotte nei forni a legna ed esposte sui banchi di vendita.
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Anche le anfore con il Vesuvinum, il vino prodotto con le uve locali, erano esportate in Spagna, in Gallia e in Britannia.
Le tabernæ e officinæ corrispondevano alle attuali botteghe e laboratori di produzione: si fabbricavano stoffe, oggetti di feltro e tessuti, che venivano utilizzati per confezionare toghe, tuniche, mantelli e nastri.
Le lavanderie e le tintorie erano denomina fullonicæ e vi si lavavano i panni, con vapori di zolfo e altri particolari ingredienti nell’acqua; per tinteggiare si adoperavano recipienti speciali. I panni venivano poi asciugati al sole e stirati, pressandoli con il torchio.
Le tabernæ e officinæ corrispondevano alle attuali botteghe e laboratori di produzione: si fabbricavano stoffe, oggetti di feltro e tessuti, che venivano utilizzati per confezionare toghe, tuniche, mantelli e nastri.
Le lavanderie e le tintorie erano denomina fullonicæ e vi si lavavano i panni, con vapori di zolfo e altri particolari ingredienti nell’acqua; per tinteggiare si adoperavano recipienti speciali. I panni venivano poi asciugati al sole e stirati, pressandoli con il torchio.
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Importante nella città era anche l’industria della lana, fornita dalle pecore dei monti Lattari, che veniva venduta in un apposito mercato all’aperto.
Pompei aveva anche un porto, del quale non si conosce l’esatta conformazione, dove attraccavano le navi per sbarcare il loro carico, che, su piccole imbarcazioni, arrivava all’interno della piana risalendo il corso del fiume Sarno.
Pompei aveva anche un porto, del quale non si conosce l’esatta conformazione, dove attraccavano le navi per sbarcare il loro carico, che, su piccole imbarcazioni, arrivava all’interno della piana risalendo il corso del fiume Sarno.