Il municipio
![Foto](/uploads/1/1/6/9/116934250/editor/municipio1.jpg?1516457722)
L’Italia unificata era poggiata su due categorie di città: i Municipi e le Colonie. Il Municipio era una città una volta libera, poi vinta da Roma, alla quale era lasciata una modesta autonomia interna e i cui abitanti erano equiparati in tutto o in parte ai romani. La Colonia era una diretta filiazione di Roma, governata da cittadini di Roma. Colonie e Municipi si vennero sempre più unificando eccetto sul piano giuridico ed avevano ordinamenti interni e vita municipale non dissimili.
Per questa ragione si parla di ordinamenti municipali di Pompei anche se la città non fu un Municipio bensì una Colonia, ordinata da uno statuto, non pervenutoci, che regolava la vita pubblica e amministrativa. La legge era promulgata da un magistero incaricato dal Senato di Roma ed era incisa su tavolette di bronzo esposte al pubblico. Gli abitanti di tutto il territorio formavano il populus che aveva il compito di eleggere i magistrati municipali.
Un rilievo interessante aveva il bilancio del Municipio: le entrate ordinarie provenivano da redditi derivanti dai beni municipali (terreni, edifici, pascoli, boschi), da servizi (acqua, bagni pubblici), da pedaggi su strade e ponti, da dazi.
Le entrate straordinarie erano costituite da donazioni e lasciti. Ma se modeste erano le entrate, altresì lo erano le spese che riguardavano la manutenzione di edifici pubblici, acquedotti, ecc.
Per questa ragione si parla di ordinamenti municipali di Pompei anche se la città non fu un Municipio bensì una Colonia, ordinata da uno statuto, non pervenutoci, che regolava la vita pubblica e amministrativa. La legge era promulgata da un magistero incaricato dal Senato di Roma ed era incisa su tavolette di bronzo esposte al pubblico. Gli abitanti di tutto il territorio formavano il populus che aveva il compito di eleggere i magistrati municipali.
Un rilievo interessante aveva il bilancio del Municipio: le entrate ordinarie provenivano da redditi derivanti dai beni municipali (terreni, edifici, pascoli, boschi), da servizi (acqua, bagni pubblici), da pedaggi su strade e ponti, da dazi.
Le entrate straordinarie erano costituite da donazioni e lasciti. Ma se modeste erano le entrate, altresì lo erano le spese che riguardavano la manutenzione di edifici pubblici, acquedotti, ecc.
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Il Consiglio (Ordo Decurionum) era l’organo supremo della città, deteneva il potere politico e amministrativo e aveva la funzione di controllo su tutti gli altri settori della vita pubblica. Era composto da un numero di membri stabilito dallo statuto, in genere oscillante, nelle varie città, tra gli 80 e i 100 ed era presieduto da due duoviri.
I componenti del Consiglio (decurioni) restavano in carica a vita e godevano di determinati privilegi e onorificenze, come quella di indossare una toga ornata con una fascia purpurea, o il diritto di occupare i migliori posti negli spettacoli e a sedere sul bisellium.
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Dopo i duoviri e di grado inferiore, vi erano gli ædiles, cioè due duoviri con potestà edilizia: erano addetti al controllo della vita cittadina, delle vie, degli edifici pubblici, del mercato, dei pesi, organizzavano spettacoli e giochi pubblici; avevano dei collaboratori che li assistevano nelle loro funzioni.
Una delle cariche che nella vita pubblica rivestiva un ruolo molto importante era quella del sacerdozio. Molto spesso era il primo gradino per accedere alle cariche pubbliche e alla vera e propria magistratura. Difatti, a Pompei non c’è stato un sacerdote che non sia diventato magistrato.
La sede ufficiale del Consiglio era la Curia, ubicata nel Foro, ma le sedute si potevano svolgere anche in altri luoghi, convocate dai magistrati supremi che la presiedevano. Per la loro validità dovevano essere presenti i due terzi dei membri aventi diritto al voto; quest’ultimo poteva essere palese o, raramente, segreto.
Una delle cariche che nella vita pubblica rivestiva un ruolo molto importante era quella del sacerdozio. Molto spesso era il primo gradino per accedere alle cariche pubbliche e alla vera e propria magistratura. Difatti, a Pompei non c’è stato un sacerdote che non sia diventato magistrato.
La sede ufficiale del Consiglio era la Curia, ubicata nel Foro, ma le sedute si potevano svolgere anche in altri luoghi, convocate dai magistrati supremi che la presiedevano. Per la loro validità dovevano essere presenti i due terzi dei membri aventi diritto al voto; quest’ultimo poteva essere palese o, raramente, segreto.