La religione
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Pompei era una zona di grossi traffici, in quanto occupava una posizione topografica di strategica importanza ai fini delle relazioni commerciali con altri popoli. Questa stessa posizione favoriva lo sviluppo di un ambiente cosmopolita e quindi una fioritura e una mescolanza di religioni diverse.
Oltre i primi culti osco – sannitici e italici, i pompeiani amavano Ercole che ritenevano fondatore e protettore della propria città e al quale fin dal VI sec. a.C. avevano dedicato il Tempio Dorico del Foro Triangolare. Ad Ercole, come nume tutelare della città e protettore delle vigne dell’agro vesuviano, i pompeiani avevano associato Bacco; il suo culto era molto vivo nelle città ma soprattutto nelle campagne, dove veniva invocato per la prosperità dei vitigni, fonte prima di guadagno e di ricchezza per l’economia pompeiana.
A Dioniso (nome greco del dio del vino) erano dedicati i giardini, dove la sua presenza veniva vissuta quotidianamente attraverso i simboli del suo culto (ghirlande di edera, uva, maschere satiriche) e le immagini delle divinità boschive del suo corteggio (Satiri, Sileni, Fauni, Ninfe).
Oltre i primi culti osco – sannitici e italici, i pompeiani amavano Ercole che ritenevano fondatore e protettore della propria città e al quale fin dal VI sec. a.C. avevano dedicato il Tempio Dorico del Foro Triangolare. Ad Ercole, come nume tutelare della città e protettore delle vigne dell’agro vesuviano, i pompeiani avevano associato Bacco; il suo culto era molto vivo nelle città ma soprattutto nelle campagne, dove veniva invocato per la prosperità dei vitigni, fonte prima di guadagno e di ricchezza per l’economia pompeiana.
A Dioniso (nome greco del dio del vino) erano dedicati i giardini, dove la sua presenza veniva vissuta quotidianamente attraverso i simboli del suo culto (ghirlande di edera, uva, maschere satiriche) e le immagini delle divinità boschive del suo corteggio (Satiri, Sileni, Fauni, Ninfe).
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Un posto privilegiato nella sensibilità religiosa dei pompeiani occupava Venere, primitiva divinità campana legata all’agricoltura; era conosciuta nella città come Venus Synthrophos e Venus Physica, attributi di matrice naturalistica e fu assimilata alla Venus Felix di Silla, divinità protettrice della gens sillana, quando nell’80 a.C. il dittatore prese il potere in Pompei e assegnò alla città il nome di Colonia Cornelia Veneria Pompeianorum.
L’adesione alla sovranità di Roma si esprimeva invece attraverso il culto della triade capitolina: Giove, Minerva e Giunone. Giove, col nome di Jupiter Optimus Maximus era riverito nel monumentale Tempio di Giove Capitolino installato nel Foro. Anche Giunone era venerata nel Capitolium, ma le tracce del suo culto non sono altrettanto evidenti.
Non minore era l’attaccamento dei pompeiani per Minerva, che era stata consacrata quale protettrice della corporazione dei fulloni e fin dall’età sannitica era ritenuta patrona delle porte della città. Era venerata nel Capitolium, ma anche alcune pitture testimoniano la devozione per questa dea. Vivo era anche il culto di Apollo, che fu diffuso in Campania, in Etruria e a Roma dai greci di Cuma.
L’adesione alla sovranità di Roma si esprimeva invece attraverso il culto della triade capitolina: Giove, Minerva e Giunone. Giove, col nome di Jupiter Optimus Maximus era riverito nel monumentale Tempio di Giove Capitolino installato nel Foro. Anche Giunone era venerata nel Capitolium, ma le tracce del suo culto non sono altrettanto evidenti.
Non minore era l’attaccamento dei pompeiani per Minerva, che era stata consacrata quale protettrice della corporazione dei fulloni e fin dall’età sannitica era ritenuta patrona delle porte della città. Era venerata nel Capitolium, ma anche alcune pitture testimoniano la devozione per questa dea. Vivo era anche il culto di Apollo, che fu diffuso in Campania, in Etruria e a Roma dai greci di Cuma.
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Tollerati furono a Pompei anche i culti orientali, specie quello di Iside, protettrice dei marinai; verso la fine del II sec. a.C. a questa divinità egizia era stato dedicato un tempio che fu distrutto dal terremoto del 62 e successivamente ricostruito su pianta italica. Il culto isiaco ebbe un numero considerevole di fedeli ed era vissuto dai devoti attraverso cerimonie quotidiane e feste periodiche.
Un posto importante nel cuore del pompeiano occupava il culto dei lari, ossia la religione che egli viveva quotidianamente nel rispetto degli antenati e delle divinità che sentiva più vicine alla sua sensibilità, venerate con piccole offerte davanti al larario e nel sacrario della sua casa.
I lari sono antiche divinità latine che, secondo una teoria, prima custodi del podere, sarebbero più tardi diventati protettori dello stato e quindi della casa.
Un posto importante nel cuore del pompeiano occupava il culto dei lari, ossia la religione che egli viveva quotidianamente nel rispetto degli antenati e delle divinità che sentiva più vicine alla sua sensibilità, venerate con piccole offerte davanti al larario e nel sacrario della sua casa.
I lari sono antiche divinità latine che, secondo una teoria, prima custodi del podere, sarebbero più tardi diventati protettori dello stato e quindi della casa.
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Alcune scritte in lingua ebraica, come la famosa Sodoma e Gomorra, qualche statuina e tracce di onomastica di origine ebraica fanno pensare altresì ad una presenza giudaica nella città. Testimonianze concrete, oggettivamente certe, di una presenza cristiana a Pompei non si hanno, almeno stando alle diverse interpretazioni di graffiti, scritti e oggetti che sembrano chiamare in causa i cristiani.
Anche la certezza della matrice cristiana del crittogramma del Pater Noster, il famoso quadrato magico graffito nella Casa di Paquio Proculo e su una colonna della Palestra Grande, (formato da cinque parole di cinque lettere, leggibile in tutti i sensi, le cui lettere, scomposte e ricomposte, formano due volte l'espressione Pater Noster) è venuta meno a seguito delle serrate critiche degli studiosi.
Nonostante quanto detto, presenze cristiane a Pompei teoricamente non sono da escludere, potendosi esse riconnettere direttamente all’esistenza di gruppi giudaici nella valle del Sarno, i quali per primi furono in grado di recepire il messaggio cristiano.
Anche la certezza della matrice cristiana del crittogramma del Pater Noster, il famoso quadrato magico graffito nella Casa di Paquio Proculo e su una colonna della Palestra Grande, (formato da cinque parole di cinque lettere, leggibile in tutti i sensi, le cui lettere, scomposte e ricomposte, formano due volte l'espressione Pater Noster) è venuta meno a seguito delle serrate critiche degli studiosi.
Nonostante quanto detto, presenze cristiane a Pompei teoricamente non sono da escludere, potendosi esse riconnettere direttamente all’esistenza di gruppi giudaici nella valle del Sarno, i quali per primi furono in grado di recepire il messaggio cristiano.